17/10/2014
Gatti (dg Federcasse): Casse Rurali come wikibanche al tempo del web
Se Loreggia fosse in California e Wollemborg e Raiffeisen vivessero al tempo del web, la Cassa Rurale si chiamerebbe wikibanca. Ovvero banca dal basso, costruita da chi la usa, usata da chi ad essa si affida e affida i propri soldi e i propri sogni. Interpretata da chi la amministra e da chi vi lavora. Persone consapevoli, preparate, razionalmente (e un po' emozionalmente) coinvolte. Una banca che cresce se fa crescere i suoi proprietari e clienti. Che respira al loro ritmo. Una banca a chilometro zero si chiamerebbe.
Ora la wikibanca c'è. Ma non sa di essere tale. Vive la sua stagione di passaggio e cerca di riscrivere una parte della sua identità con parole, forme, linguaggio, grammatiche nuovi.
Una banca "social" per definizione. La possibilità di diventarne “comproprietario” senza ricorrere a grandi capitali, la regola “una testa-un voto” nelle decisioni assembleari, la possibilità di colloquiare con chi la amministra e la dirige anche di persona, l’obbligo di destinare il 95% almeno degli impieghi a persone, aziende, enti della comunità, le finalità statutarie di costruire sviluppo duraturo e sostenibile. Una banca che è di per sé dimostrazione di protagonismo, spazio di partecipazione, luogo di responsabilità diffusa: tutto il contrario del banale e anonimo rapporto fornitore-cliente, della concentrazione del potere di decidere tutto in poche mani lontane. Cosa c’è di più “social”?
Una banca pro-competitiva di fatto. Che fa concorrenza ad altre banche, rende contendibili i mercati locali, accresce la libertà di scelta dei cittadini in un settore iper-regolato e semplicemente indispensabile come quello della gestione del denaro. Cosa c’è di più indicato per difendere la democrazia sostanziale con la democrazia economica e la possibilità concreta di “votare col portafoglio” resa disponibile a milioni di persone?
Una banca che ha molte responsabilità. Che ha quote di mercato lusinghiere nel finanziamento di imprese e famiglie. Quindi investite dell’ulteriore responsabilità di continuare ad accompagnare chi genera reddito e crea occupazione anche nella fase di trasformazione strutturale che vivono l’Europa e l’Italia.
Una banca modernissima per la propria identità, la propria natura di azienda fondata sulla reciprocità (il social lending, il crowdfunding, i social bond, lo shared value e altro sono espressioni digitali e/o linguisticamente più seducenti della mutualità) e per la validità della formula imprenditoriale. La conoscenza non solo algoritmica di soci e clienti consente, ad esempio, di allocare il credito ai segmenti di clientela tipici in modo più sicuro, anche nella preoccupante recessione che viviamo (si aprano e si confrontino i dati dei non performing loans delle BCC e del resto dell’industria bancaria per fasce di destinatari).
Una banca network di per se'. In due sensi: come punto di sintesi di una rete di relazioni, bancarie e non, nel territorio. E come “nodo” di una rete che scavalca il territorio: una banca che sarà in grado di stare meglio sui mercati locali se "leggera" e capace di sfruttare il network del Credito Cooperativo (anch’esso in evoluzione) che ha intorno.
Una banca, insomma, che è di fatto un social network "analogico", oggi chiamato ad essere "digitale". Senza snaturarsi, senza perdere la sua personalità tutta territoriale, senza timori di aprirsi.
Se è vero che il buon funzionamento dell'economia di territorio è il risultato di una gestione efficace della relazione tra imprese ben gestite, capitale umano ben formato, infrastrutture degne e accompagnamento creditizio e metacreditizio adeguato, allora il ruolo nuovo delle wikibanche è oggi quello di favorire in tanti modo diversi la scuola dei territori: l'istruzione tecnica e quella liceale, l'apprendistato e gli stage, i sostegni al conseguimento di lauree che professionalizzano, l'insegnamento con e delle nuove tecnologie. La wikibanca intermedia il mondo formativo (formale e informale: anche lo sport, l'associazionismo, il volontariato) e il mondo produttivo. Da ascoltare, valutare, discernere. Tra i suoi soci ci sono i clienti e fornitori reciproci e quelli di migliaia di altri soci di altre wikibanche. Se esse puntano al risultato di lungo periodo, servono in quel territorio persone di qualità, che studiano in scuole di qualità.
Ma le wikibanche sono anche "media company": imprese che raccolgono ed elaborano informazioni, notizie, dati, contenuti. E lo fanno stando nella geografia (vedi www.federcasse.bcc.it i materiali della Officina di comunicazione #cisiamoeducation che abbiamo tenuto il 2 ottobre a Roma).
Ancora un passo avanti. Sono anche "intermedia company". Nel senso che intermediano denaro. Ma anche idee, notizie, domanda e offerta di servizi e prodotti, ecc.
Wikibanca è la BCC.
Dal basso e mutualistica: e imparerà a misurare il proprio grado di reciprocità anche con la metrica mutualistica. A specchiarsi (per migliorare sempre) e a raccontarsi con un Bilancio di coerenza.
Diversamente banca. E imparerà a spiegare il proprio modernissimo statuto.
Partecipata. Tutto il contrario di certi mostri sempre più potenti e senza controllo (i big five: Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter), con qualche problemino appena appena di carattere fiscale e giuslavoristico o di tutela della privacy. Condizionano e controllano la nostra vita: posso farne a meno? Quante ore o minuti posso resistere ad un salutare digiuno digitale? Quanto so limitare il loro avvolgente e insistente ingresso nei miei gusti e nei miei interessi? Alcune di esse sono ora anche temibilissime banche di travolgente semplicità e irresistibile giocosità': fanno sistema di pagamento, borsellino digitale, tutto comodo, smart, cool e incredibilmente concentrato. Tutt’altro che wiki.
Bloccare il vento con le mani non si può. Ma ciò non significa alzare le mani in segno di resa. La wikibanca è, anche in questo senso, controcorrente. Deve impossessarsi in modo originale e con taglio strategico proprio (non modaiolo e scopiazzato) della cultura digitale (con un proprio “codice digitale-tipo”). Deve con orgoglio combattivo riconoscere e far riconoscere la modernità, l'alternatività, la rara preziosità del fare wikibanca.
Puntando sulla consulenza qualificata, la pianificazione finanziaria individuale e familiare, la previdenza e la sanità integrative, l'assicurazione, i pagamenti dai nostri strumenti smart. Puntando su un'originale integrazione delle reti fisiche e di quelle digitali.
Facendo attenzione ai trucchi della nuova economia dei contenuti digitali: “i profitti delle grandi imprese del capitalismo digitale sono in gran parte legati alla spontanea produzione e condivisione di contenuti degli utenti che generano forme nuove e interessanti di creazione fondata sul cooperare sociale, ma sono appropriati da imprese capitalistiche estremamente tradizionali secondo una logica squisitamente predatoria" (Pierluigi Sacco). “La capacità competitiva delle comunità e dei territori dipenderà ancora più che in passato dal patrimonio di "abilità profonde" di innovazione sociale e capitale civico che questi sono in grado di produrre e trasmettere nel tempo”.
Le wikibanche sono già li. Baluardo e trampolino. Nella nuova éra piena di “rerum novarum”.
Ora la wikibanca c'è. Ma non sa di essere tale. Vive la sua stagione di passaggio e cerca di riscrivere una parte della sua identità con parole, forme, linguaggio, grammatiche nuovi.
Una banca "social" per definizione. La possibilità di diventarne “comproprietario” senza ricorrere a grandi capitali, la regola “una testa-un voto” nelle decisioni assembleari, la possibilità di colloquiare con chi la amministra e la dirige anche di persona, l’obbligo di destinare il 95% almeno degli impieghi a persone, aziende, enti della comunità, le finalità statutarie di costruire sviluppo duraturo e sostenibile. Una banca che è di per sé dimostrazione di protagonismo, spazio di partecipazione, luogo di responsabilità diffusa: tutto il contrario del banale e anonimo rapporto fornitore-cliente, della concentrazione del potere di decidere tutto in poche mani lontane. Cosa c’è di più “social”?
Una banca pro-competitiva di fatto. Che fa concorrenza ad altre banche, rende contendibili i mercati locali, accresce la libertà di scelta dei cittadini in un settore iper-regolato e semplicemente indispensabile come quello della gestione del denaro. Cosa c’è di più indicato per difendere la democrazia sostanziale con la democrazia economica e la possibilità concreta di “votare col portafoglio” resa disponibile a milioni di persone?
Una banca che ha molte responsabilità. Che ha quote di mercato lusinghiere nel finanziamento di imprese e famiglie. Quindi investite dell’ulteriore responsabilità di continuare ad accompagnare chi genera reddito e crea occupazione anche nella fase di trasformazione strutturale che vivono l’Europa e l’Italia.
Una banca modernissima per la propria identità, la propria natura di azienda fondata sulla reciprocità (il social lending, il crowdfunding, i social bond, lo shared value e altro sono espressioni digitali e/o linguisticamente più seducenti della mutualità) e per la validità della formula imprenditoriale. La conoscenza non solo algoritmica di soci e clienti consente, ad esempio, di allocare il credito ai segmenti di clientela tipici in modo più sicuro, anche nella preoccupante recessione che viviamo (si aprano e si confrontino i dati dei non performing loans delle BCC e del resto dell’industria bancaria per fasce di destinatari).
Una banca network di per se'. In due sensi: come punto di sintesi di una rete di relazioni, bancarie e non, nel territorio. E come “nodo” di una rete che scavalca il territorio: una banca che sarà in grado di stare meglio sui mercati locali se "leggera" e capace di sfruttare il network del Credito Cooperativo (anch’esso in evoluzione) che ha intorno.
Una banca, insomma, che è di fatto un social network "analogico", oggi chiamato ad essere "digitale". Senza snaturarsi, senza perdere la sua personalità tutta territoriale, senza timori di aprirsi.
Se è vero che il buon funzionamento dell'economia di territorio è il risultato di una gestione efficace della relazione tra imprese ben gestite, capitale umano ben formato, infrastrutture degne e accompagnamento creditizio e metacreditizio adeguato, allora il ruolo nuovo delle wikibanche è oggi quello di favorire in tanti modo diversi la scuola dei territori: l'istruzione tecnica e quella liceale, l'apprendistato e gli stage, i sostegni al conseguimento di lauree che professionalizzano, l'insegnamento con e delle nuove tecnologie. La wikibanca intermedia il mondo formativo (formale e informale: anche lo sport, l'associazionismo, il volontariato) e il mondo produttivo. Da ascoltare, valutare, discernere. Tra i suoi soci ci sono i clienti e fornitori reciproci e quelli di migliaia di altri soci di altre wikibanche. Se esse puntano al risultato di lungo periodo, servono in quel territorio persone di qualità, che studiano in scuole di qualità.
Ma le wikibanche sono anche "media company": imprese che raccolgono ed elaborano informazioni, notizie, dati, contenuti. E lo fanno stando nella geografia (vedi www.federcasse.bcc.it i materiali della Officina di comunicazione #cisiamoeducation che abbiamo tenuto il 2 ottobre a Roma).
Ancora un passo avanti. Sono anche "intermedia company". Nel senso che intermediano denaro. Ma anche idee, notizie, domanda e offerta di servizi e prodotti, ecc.
Wikibanca è la BCC.
Dal basso e mutualistica: e imparerà a misurare il proprio grado di reciprocità anche con la metrica mutualistica. A specchiarsi (per migliorare sempre) e a raccontarsi con un Bilancio di coerenza.
Diversamente banca. E imparerà a spiegare il proprio modernissimo statuto.
Partecipata. Tutto il contrario di certi mostri sempre più potenti e senza controllo (i big five: Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter), con qualche problemino appena appena di carattere fiscale e giuslavoristico o di tutela della privacy. Condizionano e controllano la nostra vita: posso farne a meno? Quante ore o minuti posso resistere ad un salutare digiuno digitale? Quanto so limitare il loro avvolgente e insistente ingresso nei miei gusti e nei miei interessi? Alcune di esse sono ora anche temibilissime banche di travolgente semplicità e irresistibile giocosità': fanno sistema di pagamento, borsellino digitale, tutto comodo, smart, cool e incredibilmente concentrato. Tutt’altro che wiki.
Bloccare il vento con le mani non si può. Ma ciò non significa alzare le mani in segno di resa. La wikibanca è, anche in questo senso, controcorrente. Deve impossessarsi in modo originale e con taglio strategico proprio (non modaiolo e scopiazzato) della cultura digitale (con un proprio “codice digitale-tipo”). Deve con orgoglio combattivo riconoscere e far riconoscere la modernità, l'alternatività, la rara preziosità del fare wikibanca.
Puntando sulla consulenza qualificata, la pianificazione finanziaria individuale e familiare, la previdenza e la sanità integrative, l'assicurazione, i pagamenti dai nostri strumenti smart. Puntando su un'originale integrazione delle reti fisiche e di quelle digitali.
Facendo attenzione ai trucchi della nuova economia dei contenuti digitali: “i profitti delle grandi imprese del capitalismo digitale sono in gran parte legati alla spontanea produzione e condivisione di contenuti degli utenti che generano forme nuove e interessanti di creazione fondata sul cooperare sociale, ma sono appropriati da imprese capitalistiche estremamente tradizionali secondo una logica squisitamente predatoria" (Pierluigi Sacco). “La capacità competitiva delle comunità e dei territori dipenderà ancora più che in passato dal patrimonio di "abilità profonde" di innovazione sociale e capitale civico che questi sono in grado di produrre e trasmettere nel tempo”.
Le wikibanche sono già li. Baluardo e trampolino. Nella nuova éra piena di “rerum novarum”.